La fine delle tasse


La politica economica (o l’economia politica..) odierna si arricchisce, quotidianamente, di nuove contraddizioni e, con esse, di nuovi inquietanti dilemmi per il cittadino comune. Egli, colui che – in altri termini – non è in grado di spostare il reddito derivato dal proprio lavoro in paradisi fiscali, si trova a finanziare, con le ingenti tasse da lui pagate, un distorto sistema di tassazione regressiva.

Insomma, ci troviamo di fronte all’enigmatico paradosso, il quale, in sintesi, è l’antitesi della politica economica stessa, del finanziamento, da parte dei meno ricchi e tramite il suddetto meccanismo di tassazione regressiva, peraltro globalizzato, dei più ricchi. E’ inaccettabile, in pratica, che colossi come Amazon paghino lo 0,5% dei propri ricavi ed un commerciante arrivi a pagare il 60-70% di tasse.

Questo sistema economico è arrivato al culmine: l’economia politica non può più essere il gioco delle tre carte, dove vince sempre il banco, cioè l’imbroglione di turno, peraltro translegalizzato. 

Il sistema economico va rifondato: le spese, quantomeno, per istruzione e sanità vanno, DA SUBITO, integrate nel calcolo del PIL, al pari di prostituzione, contrabbando e spaccio di droga. Il sistema di Welfare va inteso come occasione di sviluppo: l’istruzione arricchisce le nazioni, i trasporti facilitano i commerci, la sanità rende dignitosa la vita del cittadino.

L’economia dello Stato va rifondata ora, prima del baratro.

Raffaele Vanacore

 
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