Rustin Cohle e l’alienazione sociale


Se l’essenza reale dell’uomo, in quanto essere della specie, è la morte, la sua natura si manifesta nell’alienazione. Ma quest’alienazione – per Marx prodotta dalla genesi della proprietà – risulta in realtà ascrivibile alla necessità stessa dell’uomo di vivere in società come massima espressione della selezione naturale. A questo punto, come fa questa necessità storica a farsi sensibile?

È ipotizzabile un “organo sociale”, “organo di una manifestazione vitale”? La natura dell’uomo, o meglio la genetica dell’essere umano, ha probabilmente previsto l’integrazione della capacità sociale nel genoma umano. In altre parole, l’alienazione stessa è insita nella specie umana, e quindi nell’uomo.

Come conciliare dunque questo conflitto, quasi eracliteo (“tutto avviene secondo contesa”…) tra la natura volta alla libertà dell’uomo e quella incatenata all’alienazione dell’essere sociale? In questa sorta di conflitto a fuoco tra volontà di potenza (e di libertà…) e tra volontà di soggiogamento prevale la staticità, l’anti-progresso. In sostanza, l’ontologia umana si rivela nella sua schiavitù alla specie. E la bestialità dell’uomo, in quanto – inevitabilmente – essere biologico, definito dalle qualità della specie stessa, manifesta la sua realtà nella menzogna. È il cervello umano, che si esplicita come coscienza, a negare a se stesso, ed al mondo, la sua corsa verso la morte, la sua inutilità individuale ed il suo incatenamento ai dettami della specie (strutturata, come visto, in società secondo la selezione naturale). E la vita stessa è la più grande menzogna. Rustin Cohle (detective e filosofo protagonista di True Detective) fa bene a pensare “che la coscienza umana sia stata un tragico errore dell’evoluzione. Siamo diventati troppo consapevoli di noi stessi”…

Errore di Marx è stato quindi quello di considerare la proprietà privata come generatrice dell’alienazione. Ma questa è talmente insita nella naturale animalità dell’uomo, che si può ipotizzare che in un tempo remoto, in cui l’uomo si doveva ancora emancipare dalla vita in branco e la coscienza individuale era ancora inespressa, l’alienazione individuale e la dipendenza dalla specie erano le modalità di vita, e di sussistenza, della specie umana. Non è, insomma, la proprietà privata ad alienare l’individualità di un gruppo di api o di formiche. È la natura stessa che le fa vivere per la specie.

Ora posto che la specie domina ancora la natura dell’uomo e che il miglior mezzo di perpetuazione della specie umana è la società, come fa la struttura sociale a trasmettersi agli individui? È proprio questo il punto: in virtù di un successo selettivo, la volontà di soggiogamento sociale si trasmette geneticamente ad ogni individuo. E questo è lo scacco dell’individualità, l’uomo è oggetto sociale. La soppressione della proprietà privata non porterebbe, in  alcun modo, alla fine dell’alienazione, come la distruzione di un alveare non porterebbe, in alcun modo, alla fine della vita in gruppo delle api. In pratica, come già Marco Aurelio aveva intuito, “ciò che non giova all’alveare non giova neppure all’ape”: di riflesso, ciò che non giova alla società non giova all’uomo. Ma ciò che giova alla società non sempre giova all’uomo. E questa è la contraddizione decisiva tra il Super-uomo e la Bestia. La corda è tesa sull’abisso dell’inconciliabilità tra libertà e società.

Ma, come detto, il punto centrale della questione è che la necessità dell’integrazione nella società è insita nella coscienza dell’individuo e trasmessa geneticamente alle generazioni successiva. In pratica, è frutto della selezione naturale e passa, geneticamente ed in maniera circolare, alle generazioni successive. Questo genotipo sociale, inevitabilmente riprodotto nella nostra psiche, governa a priori la nostra vita, rendendo l’alienazione parte integrante della vita in società. Se il socialismo “comincia dalla coscienza”, è conseguente che le modalità con cui la società struttura la nostra psiche vanno cambiate. L’impressione sensibile della società su di noi, che alimenta con vigore l’alienazione e si plasma tramite meccanismi epigenetici, va interrotto. Se “il comunismo non è come tale la meta dello svolgimento storico”, nuove  forme di società, anti-alienanti, vanno ricercate e strutturate. Nuove mete vanno ricercate.

Ma insomma diciamoci la verità il movimento circolare è al verità dell’uomo e, sempre con Rustin Cohle, “il mondo è un cerchio piatto. Tutto quello che abbiamo fatto o faremo, lo rifaremo ancora e ancora e ancora e ancora”…

Raffaele Vanacore
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