Quel che risulta di eterna attualità, nella teoria marxiana, è la concezione sociologica – di cui l’economia è una, seppur preponderante, parte – piuttosto che la teoria economica stessa. Se difatti la proprietà privata resta il fulcro dell’economia antropologica odierna – e si estende in un mondo sempre più, su sua misura, globalizzato – qual è la costante della teoria marxiana? La rivoluzione marxista è consistita – e ciò travalica di slancio i confini di qualsivoglia ideologia filosofica o politica – nella scoperta dell’inestricabile rapporto tra struttura economica, sovrastrutture sociali (esplicitamente giuridiche e politiche) e coscienza. Il materialismo storico, che è – di fatto – questo fluire deterministico di struttura-sovrastruttura-coscienza, si basa sul presupposto che “non è la coscienza degli uomini a determinare il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”.
Ma come si determina il loro essere sociale? “Nella produzione sociale della loro esistenza gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica ed alla quale corrispondono forze determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita”.
In sostanza, la struttura economica, tramite la costituzione di sovrastrutture ideologiche, si fa coscienza; e ciò sarà un caposaldo della critica sociale francofortese (per Marcuse “i termini della psicologia diventano i termini delle forze della società che determinano la psiche”). Ma, dal momento che la struttura economica, organizzata e plasmata dalla tecnologia, il cui sviluppo è intrecciato – se non determinato – dalla struttura economica stessa, domina la realtà cosciente, chi controlla – tramite la tecnologia – la struttura economica controlla la coscienza stessa.
Ma come fa la struttura economica a controllare la coscienza? Lo fa attraverso “forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che consentono agli uomini di concepire questo conflitto [tra forze produttive della società ed i rapporti di produzione] e di combatterlo”. In poche parole, “l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello degli uomini”.
Quindi, il punto fondamentale è che la struttura economica – ossia la struttura dominante (il dominio si esplica attraverso l’inesorabile circolo potere-tecnologia-struttura economica) – risulta tanto più trasferibile al cervello quanto più le forme ideologiche sono accettabili dall’individuo. È già Adorno, infatti, a svelare come “mentre il singolo sparisce davanti all’apparato che serve, è rifornito da esso meglio di quanto non sia mai stato. Nello stato ingiusto l’impotenza e la dirigibilità della massa cresce con la quantità di beni che le viene assegnata”. Quindi, mentre la sovrastruttura si fa piacevole, la struttura economica raggiunge il massimo grado di dominio sulla coscienza dell’individuo.
Raffaele Vanacore