Il coraggio e il degrado


danae

Motivo principale, che ha portato alla luce questo blog, è la banale, ma sincera, volontà di cambiamento: essa nasce, a sua volta, dal degrado economico-istituzionale, a sua volta, ancora, intrecciato ed a suo modo armonizzato a quel profondo degrado socio-culturale tipico del nostro tempo.
Ma in cosa consiste questo profondo degrado socio-culturale e quindi, di conseguenza, economico-istituzionale?
Il degrado sociale, che spesso in prima persona con ansia viviamo, è classicamente rappresentato dalla disoccupazione, dal lavoro sottopagato, dalla pensione minima, dalla negazione dei più elementari diritti, quali quello alla salute o all’istruzione. Tale questione – e questo è di assoluta preminenza – non va meramente intesa come un aspetto marginale, quasi collaterale e necessario, della struttura sociale, ma – purtroppo – come meccanismo di controllo sociale.
Questo meccanismo di controllo sociale è il frutto di una cultura, anzi di un’ideologia, neoliberista, che, riconoscendo una apparente libertà socio-economica ad ogni individuo, crea invece, volutamente, uno stato in cui chi è avvantaggiato, in assenza od in presenza di una grossa limitazione agli aiuti sociali, risulta sempre più avvantaggiato, creando così una società estremamente diseguale.
Smascherata già da Adorno ai suoi albori, l’ideologia neoliberista è un’ideologia totalitaria: come ideologia totalitaria intendiamo quell’ideologia che mira al controllo, da parte di un ristretto numero di persone, del potere politico, e di conseguenza economico. Questo è il degrado culturale.

Tale degrado socio-culturale ha potuto definitivamente realizzarsi grazia alle modifiche del sistema economico-istituzionale del mondo intero: la creazione, in particolare, di organismi sovranazionali non elettivi (BCE, FMI, Commissione Europea, OCSE, etc.) e di un sistema economico mondiale, in altre parole della globalizzazione, ha distorto il potere politico, sottraendolo alla maggior parte dei cittadini e riconsegnandolo, finalmente, alle élite politico-economiche (si veda “Le élite del potere” di C. W. Mills).
Il controllo del potere politico-economico da parte di un ristretto numero di persone è l’obiettivo dei gruppi preminenti: la semplice constatazione che, fino a circa 100 anni fa, nel mondo occidentale il diritto di voto – cha a quel tempo poteva effettivamente ritenersi espressione del potere politico – era detenuto da non più del 5% della popolazione, lascia facilmente considerare come l’obiettivo di queste élite sia proprio quello di riaffermare il suo potere.
Il fine delle riforme economico-istituzionale attuate è stato, dunque, quello di rendere definitivo il ritorno ad una struttura sociale così diseguale. Le analisi di tutti i maggiori economisti, di Stiglitz e Krugman in particolare, non lasciano aditi a dubbi: queste riforme socio-economiche, insomma politiche, hanno deliberatamente creato un mondo diseguale.
In sintesi, il degrado economico-istituzionale ha determinato il degrado socio-culturale che viviamo.

È in questo contesto critico, che vuole porsi la nostra via. Se “radicale”, infatti, vuol significare “andare alla radice dell’essenza”, ecco che noi siamo radicali: vogliamo andare, tramite un processo di ricerca sociale, alla radice delle cose.
La radice delle cose, ossia l’abisso della conoscenza, si raggiunge con l’informazione e la cultura: informazione e cultura, come novelle Muse, vogliono portarci a fondo della coscienza, in quel modesto spazio non ancora colonizzato dalla società e dal tempo.
In questo processo di astrazione, ma estremamente concreto, riusciamo a raggiungere la nostra verità. Tutti abbiamo una nostra verità, ma la sua espressione, tipicamente artistica e politica, è spesso bloccata.
Tale verità presuppone un rovesciamento di quel sistema che – abbiamo visto – è la causa del degrado: è a questo fine, per costruire un’alternativa,  che ci proponiamo di condividere la cultura e l’informazione.

Raffaele Vanacore
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