Il profondo gap politico, che ha da sempre separato potere e rappresentanza, sembra oggi riproporsi, nei paesi occidentali, in termini diversi da quelli che lo hanno caratterizzato nei secoli scorsi, ed anzi per tutta la storia del mondo occidentale stesso. Se infatti in passato il divario tra sovranità individuale ed esercizio effettivo del potere politico era in larga parte riconducibile ad una differenza di classe (ed ancor prima alla nascita stessa), oggi l’incrociarsi, spesso in maniera violenta, di diverse culture e diverse religioni ha fatto sì che l’interminabile lotta per il potere politico tra chi lo detiene e chi lo rivendica risulti fondata, appunto, su nuove basi. È l’insieme di una serie di fattori, in particolare economici e demografici, a rendere questa evoluzione ancor più pressante e questo scontro ancor più netto.
Il magistrale esempio fornito da Michel Houellebecq nel suo capolavoro “Sottomissione” – romanzo edito da poco, ma già annoverato tra le cult novel e tra i romanzi distopici, che si ripromettono tuttavia di avverarsi, come “1984” di Orwell – può certamente offrire una valida base ad un’attenta riflessione circa le dinamiche del potere nel XXI secolo. Perché dunque è ipotizzabile, o almeno immaginabile, che in un prossimo futuro un partito musulmano arrivi a detenere il potere in uno stato europeo? Non è forse questa una contraddizione tra la natura cristiana del mondo occidentale ed un possibile potere islamico?
In effetti, considerando l’ormai secolare dominio occidentale su paesi musulmani (emblematici sono i casi della Palestina e dell’Iraq), il principio cuius regio eius religio applicato ancor oggi nella politica occidentale sembra in realtà in bilico. Se “alcuni animali sono più uguali degli altri”, alcune nazioni possono essere escluse da una forma secolare di rappresentanza. Tuttavia, ad interessare è la possibilità che il suddetto principio possa disapplicarsi all’Europa stessa.
A tal proposito, ed ancora una volta, a rendere urgenti le considerazioni sulla natura stessa del potere sono i cambiamenti demografici. Saranno loro, che tanto influenzarono sia Darwin che Marx, a ridefinire i termini politici di questo secolo? Riflettendo sui recenti dati demografici risulta, infatti, chiaro come il crollo del tasso di natalità nei paesi europei sia parallelo ad un tasso elevato tra le popolazioni musulmane. Di conseguenza, è evidente che la percentuale di musulmani sia destinata ad aumentare, alquanto vigorosamente e velocemente, nei paesi europei ed in particolare nei grandi centri urbani (Londra, Parigi, Milano, etc.).
Ma qual è la costante politica, che, esprimendosi come scarto rappresentanza – potere politico si esprime oggi in questa nuova forma, culturale? Il vulnus della società contemporanea europea sembra essere proprio il fatto che salendo nella “gerarchia sociale” la percentuale di musulmani si riduce sempre più, fin praticamente ad annullarsi al livello più alto, ossia quello politico. In altri termini, mentre il numero di islamici è elevato tra la popolazione generale (tra il 5 ed il 10% in paesi quali Francia, Germania, Paesi Bassi e Svezia) e tra coloro che esercitano professioni non specializzate, esso si riduce nelle professioni specializzate fino a risultare pressoché nullo in Parlamento (Tab. 1). A questo punto, come le rivendicazioni socialiste ed operaie nello scorso secolo aprirono il campo politico a nuove fasce di popolazione, ampliando il diritto di voto, così le rivendicazioni delle popolazioni immigrate (sovente da più generazioni) potrebbero, a breve, portare all’accesso al potere politico da parte di nuove fasce sociali, rappresentate, in gran parte, da musulmani. E questo è lo scenario di “Sottomissione”.
Tab. 1: Situazione dei musulmani in Francia
Facciamo l’esempio della Francia, dove il numero dei musulmani si aggirerebbe intorno all’8%. Se questa percentuale demografica si tramutasse in un’analoga percentuale elettorale, quali potrebbero essere le conseguenza per una nazione come la Francia? Certo, le ipotesi di Houllebecq sono probabilmente esagerate (islamizzazione delle università, fine del lavoro femminile, etc.), ma è indubbio che, per la prima volta da almeno cinque secoli, il potere politico cristiano prospetta una sua possibile erosione a favore dell’islam. Cosa succederebbe poi se, ad esempio, il Qatar o gli emiri del Dubai, dopo aver comprato squadre di calcio e gran parte del patrimonio urbanistico delle capitali europee, decidessero di acquistare capacità politica finanziando massicciamente un partito musulmano laico e moderato, quale una sorta di Fratellanza musulmana europea?
La risposta a questo processo, certo fisiologico ed effetto, in parte, della globalizzazione e del consumismo individualista occidentale, la stiamo già vivendo. Posto infatti che questo processo di erosione del potere cristiano in Europa è già iniziato, anche le politiche atte a contrastarlo sono già cominciate. Secondo questo schema, l’aumento della violenza islamica (ISIS, attentati a Parigi, Boko Haram) sarebbe funzionale all’erezione di nuove ed ancor più nette barriere volte a contrastare l’ormai inevitabile erosione del potere cristiano a favore di quello musulmano, così come le violenze delle Brigate Rosse servirono a stabilizzare il sistema negli anni ’70, impedendo l’accesso al governo del PCI.
La crescita, in sostanza, sarebbe come un fiume in piena che inevitabilmente tende a riempire di sé finanche i più lontani gangli sociali, ossia quelli politici stessi. È per contrastare questa deriva che l’Occidente sta erigendo dighe sempre più forti; ma riuscirà a fermare questa evoluzione? L’osmosi tra religioni e popolazioni renderà il prossimo il secolo della ridefinizione del potere politico. L’intreccio delle popolazioni, delle culture e delle religioni potrà cambiare, drasticamente, la futura degli Stati occidentali.
Raffaele Vanacore