Il rovesciamento ontologico dell’esistenza umana avviene nel momento in cui la proprietà privata, da essenza oggettiva, diviene soggettiva. E l’essenza soggettiva della proprietà privata è il lavoro. Essa, infatti, è non più uno stato esterno all’uomo, ma un fattore cognitivo, ossia interno alla coscienza dell’individuo. Adam Smith, il “Lutero dell’economia”, ha svelato come essa costituisse una parte della soggettività individuale. In altri termini, così come Lutero rivelò l’essenza interna della religione, Smith ha rivelato l’essenza interna della proprietà privata. Il lavoro alienato, che crea la proprietà privata, e quindi la coscienza dell’individuo, forma una sorta di neurobiologia della proprietà privata, che risulta così non estranea all’uomo, ma ben plasmata nella rete sinaptica, individuale e sociale, dell’uomo. Ed in questo modo l’economia politica diviene “la negazione dell’uomo”:
“L’economia politica comincia apparentemente col riconoscimento dell’uomo, della sua autonomia, della sua libera attività, ecc. Quindi, trasferendo la proprietà privata nell’essere stesso dell’uomo, non può più essere condizionata dalle determinazioni locali, nazionali, ecc., della proprietà privata, considerata come un essere esistente al di fuori di essa, e pertanto sviluppa un’energia cosmopolitica, universale, che travolge ogni barriera ed ogni vincolo per porsi al loro posto come l’unica politica, l’unica universalità, l’unica barriera e l’unico vincolo”.
In pratica, il più grosso effetto collaterale dell’incorporazione della proprietà privata nella coscienza è la fine della libertà dell’individuo. Se l’uomo è sinapticamente predisposto alla proprietà privata, una fuga non è pensabile, se non nel senso di una fuga dalla libertà (Erich Fromm). Peraltro, non solo le determinazioni locali (e politiche) non hanno più senso in un contesto razionalizzato dalla coscienza della proprietà privata e globalizzato dagli sviluppi neo-tecnologici, ma – in virtù di una cosmopolitizzazione del capitale – la vita stessa dei popoli è la vita del capitale. Se infatti la proprietà privata è incorporata nella coscienza individuale, emerge una sorta di specie-capitale, che – secondo i più classici meccanismi della selezione naturale – tende all’eliminazione dei luoghi a-capitalistici ed allo sviluppo di quelli a più alto tasso di capitale, secondo la regola dello sviluppo del più capitalista.
Se il cosmopolitismo, con l’evaporazione del potere politico, si identifica con la democrazia neo-liberale del capitale, dove il “demos” non è più il popolo, ma la proprietà privata in quanto tale, il lavoro, che crea la proprietà privata, e quindi il demos, è l’essenza stessa del mondo moderno. In pratica, “il lavoro è l’unica essenza della ricchezza”.
Tuttavia, mentre in passato il lavoro era il mezzo di soddisfacimento dei bisogni (ad esempio con l’agricoltura), con l’introduzione della proprietà privata, il lavoro si è sottomesso ai servigi di questa, creando tanto più proprietà privata quanto più lavoro si produceva e così via, in una darwiniana e naturale selezione del capitale. Il capitale così estratto (sotto forma di proprietà privata) colonizza la coscienza dell’individuo, rendendola sottomessa alla proprietà privata. E l’individuo prepara la coscienza all’invasione del capitale.
Raffaele Vanacore