Una sincera riflessione sulle cause e sulle conseguenze della crisi economica, istituzionale e sociale che ci impegna da anni, impone la ricerca della verità.
Nonostante i mass-media più efficaci suggeriscano, ed anzi impongano psicologicamente ai cittadini altrimenti poco informati, che la disoccupazione, l’occupazione sottopagata, la fine di alcuni diritti (sanità, istruzione, trasporti pubblici, etc.) siano le conseguenze di una crisi economica (“non ci sono soldi”..), un profondo studio dello sviluppo, e dell’ideologia, della nostra società industriale, concettualmente basata ed istituzionalmente costituita su fondamenta neoliberiste, rivela una verità diversa.
La disoccupazione, la precarietà indefinita, il lavoro sottopagato, la deflazione, la stagnazione, sono i risultati che la società neoliberista emersa dalla seconda guerra mondiale si proponeva. L’unico modo per attuare definitivamente queste “riforme” era la creazione di uno stato di crisi: lo stato di crisi, in altre parole, non è altro che l’unico mezzo con cui queste riforme, che possono dunque considerarsi i motivi per i quali la crisi è stata scatenata (e non le sue conseguenze!), potevano essere imposte alla politica ed ai cittadini.
Il nostro futuro, dunque, sarà caratterizzato da uno scontro ideologico, ossia culturale e socio-economico, tra questa teoria, attualmente imperante, neoliberista, che ci ha imposto la crisi come modalità di governo e la disuguaglianza come forma sociale, ed una teoria “comunitaria”, che prevede la democrazia come forma di governo e l’eguaglianza come forma sociale. Questa seconda teoria trova le sue basi economiche nelle opere di Stglitz, Krugman e Piketty – per fare degli esempi – e le sue manifestazioni politiche nei fenomeni degli Indignados, del “99%”, di Occupy Wall Street.
Noi da che parte stiamo?
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