LA RIVOLUZIONE ABORTITA

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LA RIVOLUZIONE ABORTITA

Lo straordinario, e certamente meritato, successo de “Il Capitale nel XXI secolo” di Thomas Piketty – il Kurt Cobain dell’economia – pone, a fianco a delle certezze economiche, dei dubbi politici. Se infatti l’analisi economica parte dal XVIII secolo (rivoluzione francese ed indipendenza americana in particolare) per arrivare a delle previsioni per il XXI, la struttura politica che potrebbe derivare da tale scenario economico non è chiara.

Ma andiamo con ordine. In estrema sintesi, quali saranno gli aspetti principali dell’economia del Ventunesimo secolo? Dato che l’aumento del capitale è inversamente proporzionale al tasso di crescita (r = s/g), un lungo periodo caratterizzato da un basso tasso di crescita, quale quello che si prospetta in questo secolo, sarà inevitabilmente associato ad una accumulazione del capitale (si ricorda che il tasso di crescita globale è dato dal tasso di crescita economica sommato a quello della crescita demografica). Questo, associato al fatto che l’inevitabile e sensibile aumento del debito pubblico (derivato in larga parte dall’aumento crescente delle spese per sanità ed istruzione) conduce ad un aumento dei capitali privati  – non solo per la conseguente privatizzazione di gran parte del patrimonio nazionale, ma anche per gli elevati interessi pagati sul debito stesso – forma la struttura capitalista di questo secolo.

Infatti, dopo un periodo in cui l’accumulazione di capitale (misurata come percentuale di ricchezza nelle mani dei diversi decili o centili di popolazione) è nettamente diminuita in Europa – dapprima per le distruzioni delle due guerre mondiali, dappoi per gli anni di ristrutturazione socio-economica largamente basata su politiche di welfare –la diseguaglianza economica sta ora crescendo di nuovo. Accanto ai motivi considerati sopra, la causa di questa tendenza, secondo la ricca documentazione di Piketty, è senza dubbio l’accrescere del capitale mobile, che si estrinseca, in larga parte, sotto forma di stipendi e bonus di manager e banchieri.

Una volta definita la strutturata capitalista del XXI secolo, emerge chiaramente come un primo punto sottovalutato da Piketty sia il fatto che oggi il denaro è creato dal nulla1. In realtà infatti, a seguito della creazione ex nihilo di questo denaro, i banchieri ne assegnano a se stessi una quota assolutamente rilevante. Pertanto, la quota di capitale posseduta dall’1% più ricco della popolazione è oggi non solo in larga parte finanziaria, ma anche in forte aumento.

In sostanza, considerati nel complesso questi fattori, il risultato è che la diseguaglianza economica sarà in forte aumento nel XXI secolo. Il decile, ed in particolare il centile, superiore della popolazione vedrà crescere la proporzione di capitale detenuta, avviandosi a raggiungere i livelli estremi di diseguaglianza delle società europee di inizio XX secolo (negli Stati Uniti oggi il decile superiore della popolazione detiene il 70% del patrimonio totale).

Detto questo, si giunge alla questione politica. È veramente pensabile, come fa Piketty, che a fronte di un aumento delle disuguaglianze la società possa reagire con una rivoluzione (“se il decile superiore si appropriasse, per esempio, del 90% delle risorse prodotte ogni anno […] è assai probabile che una rivoluzione metterebbe prontamente fine a una tale situazione”2)? Il fatto è estremamente improbabile, dato che nonostante una diminuzione della quota percentuale di ricchezza detenuta dal 90% meno ricco della popolazione, la loro ricchezza netta potrà essere in realtà aumentata. È praticamente quello che sta avvenendo in Paesi come la Cina e la Russia, ed in parte negli stessi Stati Uniti: nei primi, nonostante un’accumulazione spropositata di capitale da parte di pochi oligarchi, la popolazione ha visto nettamente crescere gli standard di vita. Negli USA ciò è avvenuto negli ultimi decenni proprio per il fatto che grazie all’aumento della massa totale di denaro, la quota disponibile per il resto della popolazione è aumentata (salvo poi sgonfiarsi con lo scoppia della bolla finanziaria).

Il problema dell’1% più ricco (l’élite) è quindi ben più profondo di quanto Piketty ed altri economisti (Stiglitz, Krugman etc.) prospettino. In altri termini, se scomponessimo l’1% più ricco non solo di ogni nazione, ma anche di ogni città e finanche di ogni piccola frazione del più piccolo comune, si scoprirebbe un fil rouge che collega ogni centro di potere. Ne deriva, inevitabilmente, un reticolo sociale su cui solidamente si struttura la politica stessa. È ciò da cui mettevano in guardia Adorno ed Horkheimer nella loro critica alla società capitalista: sono loro infatti a citare il marchese de Sade, quando afferma, nel romanzo “Juliette”, che “non può esservi altro equilibrio della  giustizia [del governo]che quello dei suoi interessi o delle sue passioni, uniti solo agli interessi ed alle passioni di quelli che hanno ottenuto da lui tanto potere quanto è necessario per moltiplicare il suo”3.

In definitiva, grosso errore politico è stato quello di considerare separato l’1% più ricco di una nazione rispetto all’1% che si riproduce in ogni contesto locale: è in pratica grazie all’appoggio di questo 1% locale, che non vuole perdere il proprio status, che l’1% nazionale o globale può moltiplicare all’infinito il proprio potere, creando una struttura reticolare difficilmente ribaltabile. In questa prospettiva risulta estremamente evidente come movimenti quali “We are 99%” siano in realtà illusori: la percentuale di chi vuole rovesciare il sistema, che pur conduce a disuguaglianze sempre più eclatanti coinvolgendo quegli stessi che lo sorreggono, è in verità molto più esigua. Rovesciare il sistema è sconveniente quasi per tutti. È proprio la lezione di Piketty ad insegnare che solo le due guerre mondiali hanno frenato l’accumulazione di capitale, e di conseguenza di potere politico (oggi ormai si direbbe “un dollaro un voto”4), da parte dell’1%. Non a caso, per Adorno ed Horkheimer, “l’economia mercantile scatenata era insieme la figura attuale della ragione e la forza che aveva dato scacco alla ragione”5.

                                                                                       Raffaele Vanacore

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1 Si ricorda la lezione di Luciano Gallino: “tanto le banche private quanto le banche centrali fabbricano o creano denaro concedendo crediti che sono privi di fatto, per quanto le riguarda, di un adeguato collaterale” (L. Gallino – Finanzcapitalismo, Come le banche hanno creato il denato dal nulla, pag. 174).

2 Thomas Piketty – Il Capitale nel XXI secolo, pag. 401

3 M. Horkheimer e T. W. Adorno – Dialettica dell’Illuminismo, pag. 95

4 Si veda la lettera shock inviata da Tom Perkins al Wall Street Journal

5 M. Horkheimer e T. W. Adorno – Dialettica dell’Illuminismo, pag. 96