La crisi degli Stati, e del loro ruolo politico – insomma, della loro capacità legislativa ed esecutiva – è riconducibile non tanto a singole e locali inadeguatezze (come quelle che, più propriamente definibili di contro-utilità sociale, hanno caratterizzato i vari governi Monti, Letta e Renzi in Italia e le presidenze Sarkozy ed Hollande in Francia), ma piuttosto all’evaporazione, concreta, del potere statale, intesa come “trasferimento di funzioni dello Stato all’economia mondiale” (U. Beck). Se queste funzioni, in massima parte legislative ed esecutive, son trasferite all’economia globale, il risultato è una governance without government.
In sostanza, l’insufficienza della democrazia rappresentativa – ossia l’incapacità degli eletti di rappresentare gli interessi ed i bisogni non solo di chi li ha votati, ma di tutti i cittadini dello Stato che rappresentano – è un problema non spaziale, ma a-spaziale. Dove lo spazio è esteso all’infinito, infatti, l’individuo, posto in rapporto allo spazio, è a pari a zero. E questo è il fallimento della democrazia rappresentativa: quando, in uno spazio esteso all’infinito, non si rappresenta nessuno, la democrazia rappresentativa fallisce ed il sistema politico si apre a nuove forme di dominio.
L’economia politica globalizzata – per alimentare se stessa e per spezzare i vincoli della rappresentanza – ha travalicato i confini dello spazio, globalizzando il mondo, rendendolo singolo ed infinito. Il vecchio sistema statale, e quindi politico, spaziale è morto. Non sono più i governi, politicamente e spazialmente definiti, ma è un’economia mondiale – non legittima né legale, in altri termini translegalizzata (per usare un’espressione che Beck riprende da Max Weber) – a governare il mondo. Si assiste, in pratica, al “declino della legittimazione del potere” ed all’alba di un potere translegale, che ripudia la democrazia rappresentativa (secondo il modello congiuntivo bottum-up) e fa proprio il modello tecno-elitario (secondo il modello etereo top-down, dove cioè le linee del potere non toccano mai i punti più bassi della società, cioè i cittadini).
L’unica alternativa, in un mondo inesorabilmente – per l’avanzare tecnologico – mondializzato, è la creazione di un’altra globalizzazione, fondata sulle genesi di nuove forme di economia. Queste piuttosto che mettere il capitale (che ha l’unico scopo di estrarre il massimo profitto da se stesso) al centro del sistema socio-politico, pongono l’uomo al centro del nuovo universo socio-politico, con l’obiettivo di estrarre la massima umanità da esso.
Raffaele Vanacore
Perfettamente e completamente d’accordo con te. Purtroppo non sono tanto ottimista circa la creazione di un nuovo ordine economico capace di estrarre l’umanità dall’uomo. In verità non amo tantissimo il termine umanità perchè, al netto degli eventi storici, ma anche quelli del nostro tempo, legati all’azione poco “umana” dell’uomo, non riesco a rintracciare il suo reale significato. Ovviamente il discorso è molto lungo e potrei inoltrarmi in discorsi troppo fumosi e tediosi.
Quando vuoi passa dal mio blog, mi fa piacere.
A presto e buona serata!
Ciao Cibal, grazie dell’interesse e dell’apprezzamento. Sembra effettivamente che non ci siano vie di fuga per un ordine mondiale socio-economico alternativo, in virtù di un sistema di controllo e di dominio sempre più pervasivo e gradevole. Tuttavia, gli eventi storici, come la rivoluzione francese preceduta dell’illuminismo o le conquiste sociali dello scorso secolo precedute dal socialismo scientifico, suggeriscono che un cambiamento potrebbe esserci. Un reale cambiamento dovrebbe partire proprio da un ripensamento socio-politico dell’uomo.. Ho parlato di umanità per distinguerla da un mondo capitalista, in cui è il capitale con i suoi bisogni ad essere al centro dell’universo sociale, piuttosto che l’uomo.. Ora passo sicuramente sul tuo blog 😉