L’altruismo


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Un topolino che libera un altro topolino, un suo amico potremmo dire: questo comportamento empatico, dimostrato da un esperimento pubblicato recentemente su Science, apre nuove prospettive circa il rapporto tra altruismo ed egoismo. Infatti, secondo le teorie, evoluzioniste,  il cervello umano sarebbe tripartito (semplificando, secondo la teoria di McLean: troncoencefalo, sistema limbico e neocortex): e forse nella più profonda, nella più primordiale, connessione nervosa risiederebbe la verità, ossia la consapevolezza di se stessi. E questo è un punto cruciale, in quanto altri animali, sostanzialmente insetti, non hanno una consapevolezza di se stessi, ma anzi si concepiscono unicamente come insieme (ad esempio le formiche). In altre parole, essi esistono solo come parte del tutto. La consapevolezza di se stessi, e quindi la ricerca della sopravvivenza, ha reso invece diversi animali, in particolari mammiferi, tra cui ovviamente l’uomo, viventi come parte di un’individualità.

E’ stato questo vivere come individuo che ha reso l’uomo sostanzialmente egoista. Tuttavia, in diversi animali esiste una tendenza ad immedesimarsi nell’altro e ad aiutarlo: in altre parole, il vedere l’altro come se stesso porta diversi animali a fare qualcosa per l’altro in difficoltà. E questa è l’empatia. Ora, si potrebbe anche pensare che questa forma di altruismo sia una sorta di egoismo mascherato, per alcuni ancor più subdolo, ma perché scartarla come falsa? Non è forse nella nostra natura, dunque, l’empatia?

Il ritenere l’altruismo una forma di egoismo velato spinge a non comportarsi in maniera altruistica, ritenendola una forma di egoismo e, come detto, addirittura peggiore perché mistificata. L’amore dei genitori per i figli rende questi migliori, l’aiuto vicendevole di amici offre loro notevoli benefici, l’amore di due persone dà loro la forza per essere migliori di quel che sarebbero senza l’altro. Perché scartare tutto questo come falso?

Raffaele Vanacore
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4 pensieri su “L’altruismo

  1. Sei riuscito a colpirmi nell’unico punto debole della mia tesi, per la quale avevo previsto due possibili conclusioni: quella che ho usato, ovvero l’idea che spesso ci si maschera dietro un ostentato altruismo mentre si insegue solo il proprio piacere personale (che mi sembrava la più adatta ai tempi che viviamo), e quella che non ho poi inserito, nella quale avrei detto che, sebbene la causa del nostro comportamento sia l’egoismo, l’uomo è un essere ben più complesso del semplice istinto, che io continuo a credere fondamentalmente egoista. Ma in sostanza, non è meglio fare del bene per ragioni sbagliate, piuttosto che non farne affatto? In fondo, l’empatia è data dall’essere umani come la persona che ci troviamo di fronte, e il bene del nostro simile è una cosa che ci fa provare gioia. Rientra, dunque, nell’oggetto dell’egoismo e dell’autosoddisfacimento. Magari il topolino prova piacere nel vedere un altro della sua specie libero? Non credo che siamo al punto da poterlo stabilire, quindi 1-1, palla al centro. Ma infine, credi che io – autore dell’articolo e consapevole forse più di tutti di quello che ho scritto – non faccia per questo del bene? Anzi, non è più apprezzabile il fare del bene riconoscendo il reale motivo che ci spinge a farlo, piuttosto che millantare disinteresse?

    • Sicuramente è vero che spesso si millanta altruismo, mascherando in realtà, consciamente, il proprio egoismo. Tuttavia, vi sono casi in cui una profonda ed inconscia forza empatica ci spinge a fare del bene e, forse, questo è il frutto di un’archetipica spinta alla conservazione della specie. Ma questo altruismo è naturale e come tale va accettato e non – secondo me – ricoperto di un alone negativo di “egoismo mascherato”. Perciò, infatti – sicuramente come dici tu – è sempre meglio fare del bene..

      • Ma la spinta alla conservazione della specie non sarebbe comunque una maniera di preservare sé stessi, aiutando i propri simili? In tal caso, logicamente, sarebbe comunque un “egoismo” inteso nel senso di far del bene a sé stessi, preservando gli altri. Ho già detto, però, che l’egoismo che io intendo non è negativo, è solo la molla che ci spinge ad agire – per questo identificato con la natura stessa dell’uomo. Che poi si agisca nel bene o nel male, è un giudizio morale successivo all’agire stesso. Potremmo riconoscere quindi l’altruismo come quel tipo di egoismo che spinge ad un agire moralmente giusto, in cui la componente egoistica negativa (quella del piacere personale non condiviso) diventa minima, e il beneficio personale è un riflesso del beneficio fatto agli altri? Secondo me, sì. Tuttavia non bisogna dipingerlo negativamente per questo: certamente si può definire “buono” chi si comporta in modo che il bene altrui si coniughi con il proprio, e “cattivo” chi beneficia sé stesso a danno degli altri, ma non credo esista un “beneficiare gli altri a danno di sé stesso” che potrebbe considerarsi altruismo puro, non legato prima di tutto ad una componente egoistica, seppur piccola. Che poi, fare del bene agli altri a proprio danno sarebbe stupidità, no?
        Alla fine, la mia idea di moralità è vivere facendo del bene a sé stessi e agli altri, cercando, nel farlo, di non fare del male involontario. Il che è praticamente lo stesso che farebbe qualunque persona giusta, volendo o meno ammettere che lo si fa prima di tutto per sé stessi…

      • Al netto delle considerazioni sulla moralità (Sade docet, come hai scritto nell’articolo..), è forse questa la natura dell’egoismo, e dell’uomo in sè. Quel che io rinnego è quella concezione di altruismo come “egoismo mascherato” e quindi addirittura peggiore dell’egoismo stesso. Diverse persone fanno propria questa tesi, autogiustificando così il loro sfacciato egoismo. Questo per me è inaccettabile

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