I limiti al potere supremo in Locke di Raffaele Vanacore


Locke, ormai quasi 500 anni fa, pose a fondamento del potere legislativo, architrave di una concezione democratica del potere, quattro limitazioni. Senza queste limitazioni, è bene ricordarlo, non si può parlare di sistema democratico.
La prima limitazione, dunque, impone che occorre governare “in base alle leggi stabilite e promulgate, che non devono variare in casi particolari”. La stato di “crisi economica”, così come lo stato di guerra, è il momento per eccellenza in cui le leggi stabilite, per la straordinarietà stessa del caso, variano. Ora, mantenere deliberatamente un popolo in condizioni di “crisi” significa renderlo perennemente soggetto ad una legislazione arbitraria. Vi ricorda qualcosa?
La seconda limitazione prevede che “le leggi non devono esser intese ad altro fine che il bene del popolo” e che il potere legislativo non può “avere diritto di distruggere, ridurre deliberatamente in schiavitù o in miseria i sudditi”. Quindi, un potere legislativo che riduce “deliberatamente in miseria” un popolo è anti-democratico: i tagli allo stato sociale (alla sanità, all’istruzione, etc.), che hanno ridotto in miseria milioni di persone in tutta Europa, possono quindi considerarsi come espressione di un potere anti-democratico che si fa potere legislativo.
Il terzo limite consiste nel fatto che “il potere supremo non può disporre dei beni del suddito arbitrariamente, o prenderne una parte a suo piacimento”. C’è qualcosa che vi suona sinistramente familiare? Locke, il padre della democrazia moderna, riconosce come assolutamente anti-democratico un potere che prende “una parte dei beni del suddito a suo piacimento”.
Il quarto limite, di estrema importanza, prevede che “il legislatore non può trasferire in altre mani il potere di emanare leggi”. Oggi, in un mondo sovranazionale, il legislatore statale, che rappresenta il popolo, ha ceduto il proprio potere ad organismi, appunto, sovranazionali, che non rappresentano in alcun modo i cittadini.
Poste tutte queste condizioni, risulta ben evidente come, nonostante 500 anni di battaglie politiche, siamo regrediti al punto che l’applicazione della democrazia sembra solo un’utopica speranza. E non si ha neanche la forza di lottare.
Basta dunque considerare come questi limiti siano stati largamente travalicati per capire come viviamo in un mondo non democratico. E’ possibile pensare una nuova lotta democratica per riappropriarsi di questi diritti?

 

 
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