Forse, amore di Vincenzo Monda


La vetrina del luogo in cui lavori,

Un monotono giorno, il solito sole, un vento mai stanco.

Singhiozzi e pianti mai esplosi

Fragorosamente picchiano al mio stupido orgoglio,

E le mani tremano, racchiuse in un pugno.

Celano la fessura di cui sei la chiave,

Come a proteggere la verità e dare forza ai miei scudi.

 

L’organo della vita tuona ad una frequenza nuova,

Preambolo di fuga o spinta a ritrovare coraggio?

Il tempo incessante scandisce il mio dibattermi immobile,

Il peso dei pensieri pietrifica i muscoli, ma non lo sguardo:

Irrequieto e frenetico agogna un tuo gesto,

Áncora di salvezza dalla deriva in un mondo non vero

Dove il cuore ragiona, la ragione si cela e l’occhio non vede.

 

Ad ogni passo il respiro si blocca

Un macigno sul petto soffoca i pensieri e sfuma le parole.

La fatica dei metri che mi separano da te svanisce in un filo dorato,

Che lega saldo ciò che sono a ciò che sei, indissolubilmente,

Ed un bacio salda due vite da sempre distanti ma non estranee.

O, forse, l’oscura ombra che irretisce i sogni mi ha stretto a sé,

Lì dove tutto è reale, ma nulla è vero.

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