Il concetto di Stato, ad un’analisi profonda, si pone come esso è realmente e come non ci appare: esso è un concetto storico ed, in quanto storico, deve concedersi ad una profonda critica ed all’analisi stessa del suo ruolo nel futuro. In somma, quale è e quale sarà il ruolo dello Stato nel mondo globalizzato?
Il concetto di Stato che noi abbiamo è quello di un territorio, solitamente omogeneo per cultura, religione e lingua, che si dà delle leggi, specie politiche ed economiche, atte a regolare la vita delle persone al suo interno. La finalità dello Stato sarebbe quella dello sviluppo di se stesso e, di conseguenza, della popolazione al suo interno. Posta in questi termine, la questione si svolge in questo testo: come si sviluppa lo Stato?
Lo Stato ha conosciuto diversi modi di espressione, a partire dalle poleis greche fino agli imperi di qualche secolo fa. Nel mondo occidentale odierno, esso si è sviluppato come nazione. Secondo Mazzini “per nazione noi intendiamo l’universalità de’ cittadini parlanti la stessa favella, associati, con eguaglianza di diritti politici, all’intento comune di sviluppare e perfezionare progressivamente le forze sociali e l’attività di quelle forze”.
Quel che risulta interessante è che Mazzini considerava come miglior forma di Stato, la nazione. Gli intenti di Mazzini erano, certo, politici ed adeguati al tempo, in cui, con la pretesa di costruire una nazione, ossia la miglior forma di Stato possibile, si giustificava l’estensione del dominio da parte di un certo gruppo su di un altro territorio (si pensi, ovviamente, ad Italia e Germania di fine XIX secolo).
Di certo il concetto di “nazione” è un concetto storico: per Aristotele, lo Stato è “una pluralità di cittadini” e, teoricamente, non ha limiti di estensione né alcuna rapporto con la lingua. Infatti, il concetto di nazione viene a svilupparsi soprattutto per questioni geografiche, come dimostrato dai casi emblematici di isole, come Islanda e Giappone, o di territori geograficamente limitati, come la porzione a sud delle Alpi ed immersa nel Mediterraneo, l’Italia appunto.
Il concetto di nazione, tuttavia, così europeo, ed associato peraltro ad una sorta di volontà razionale di controllo, è stato estremamente dannoso per alcuni continenti, la cui cultura è profondamente diversa da quella europea, come appunto quello africano. In questo caso, il concetto di Stato nazione, ossia di un territorio geograficamente limitato, si è sviluppato in parallelo al crearsi delle colonie. In questi territori, lo Stato, ossia la pluralità di cittadini, esprimeva se stesso in modalità diverse, spesso tribali ed etnologiche, che nulla avevano a che fare con il concetto di nazione. L’esempio più recente è quello della Libia, dove, a seguito della caduta del colonnello Gheddafi, dittatore che riusciva a tenere insieme tribù e popolazioni diverse, il presunto Stato si è disgregato, lasciando spazio ad una sorta di guerra di tutti contro tutti.
Il substrato storico su cui forgiamo la nostra idea di Stato è quel contesto in cui sviluppiamo la nostra esistenza: pertanto, questa viene in larga parte a coincidere con l’idea di nazione. Così si accetta alla prima lettura, seppur inconsciamente, senza obiezione il concetto di Stato dato all’inizio, che ovviamente, risulta, pertanto, non corretto, in quanto intriso di concetti storici quali lingua, cultura e religione. Questo, infatti, è il concetto di nazione, che noi applichiamo inconsciamente al concetto di Stato.
Lo Stato, invece, va più correttamente definito, secondo il dizionario Coletti, come “entità giuridica e politica sovrana costituita da un territorio, da una popolazione che lo occupa e da un ordinamento giuridico attraverso cui la sovranità viene esercitata”. Vi sono quindi due concetti fondamentali: il primo è quello di territorio, che, come accennato in precedenza, teoricamente non ha limiti. Il secondo è quello di ordinamento giuridico attraverso cui l’autorità viene esercitata.
In Europa, l’analisi del concetto di Stato-nazione ha avuto un grande impulso dalla creazione dell’Unione Europea: è possibile, infatti, considerare la nazione uno Stato? Quale è il soggetto giuridico che esercita realmente l’autorità? L’UE possiede, infatti, delle competenze esclusive, quali la politica monetaria, doganale e commerciale: può considerarsi una nazione uno Stato se essa non detiene completamente la sovranità? La risposta, alquanto scontata, è negativa.
Considerando, poi, come obiettivo socio-politico, come già fatto in altre occasioni, la pace perpetua occorre considerare quale può essere la forma di Stato che maggiormente può avvicinarsi a questo obiettivo (secondo Kant, infatti, “lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni a fianco degli altri, non è uno stato naturale, il quale è piuttosto uno stato di guerra. È necessario allora istituirlo”).
Ma come si istituisce uno stato di pace perpetua? Secondo Kant attraverso l’istituzione di una lega di pace, che altro non è se non una federazione di popoli, che si uniscono, e sottostanno alla medesima autorità giuridica, affinché non debbano sottostare ad un altro Stato, evitando così di creare i presupposti per lo sfruttamento e la guerra. Di conseguenza, l’UE dovrebbe avere il compito di creare i presupposti per la pace perpetua, superando il concetto di Stato-nazione ed istituendosi dunque come federazione di popoli in una lega di pace.
Sarebbe forse azzardato spingersi ancor oltre, sperando che, in qualche futuro remoto, gli Stati mondiali si organizzino in un’unica federazione? Concludiamo con le stesse parole con cui Kant conclude il suo pamphlet:
“Se è un dovere, e insieme una fondata speranza, realizzare una situazione di diritto pubblico, sebbene solo con una approssimazione progressiva all’infinito, allora la pace perpetua, che succederà a quelli che sino ad ora sono stati falsamente denominati trattati di pace, non è idea vuota. E anzi sarà un compito che, assolto per gradi, si avvicinerà sempre più velocemente al suo adempimento”.
Raffaele Vanacore
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